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Santa Giustina in Monte


Negli anni tra il 1400 e il 1500, sul monte Talvena s’insediarono alcune famiglie di pastori e boscaioli, costruirono le prime abitazioni che sarebbero state il primo nucleo dal quale poi sarebbe sorto l’abitato di Tisoi, più in basso.

Fu costruito un edificio che in teoria, nelle intenzioni sarebbe stato una chiesetta, ma, in effetti, era una stalla più che un luogo di culto e di preghiera.Nel 1639 fu citata una visita pastorale, quindi sancito il titolo di chiesetta dedicata a S. Giustina e la fonte, secondo la leggenda, che nasce vicino all’edificio, aveva poteri di curare la vista. La popolazione in seguito si trasferì a valle e sorse quindi l’abitato di Tisoi; la chiesetta fu quindi abbandonata. Nel 1641 il Vescovo di Belluno la fece riadattare ed esposta al culto, si celebravano due messe l’anno. Nel 1701 il Vescovo ne sospese l’uso che fu riaperto sette anni dopo. Alla metà del 1800 la chiesetta rischiò di crollare, ma fu ristrutturata.

Nel 1936 subì molti danni a causa di un terremoto, ma la popolazione si unì e tutti contribuirono a operare affinché la chiesetta tornasse a vivere. 

Fu un fatto storico e per anni se ne parlò in paese. Durante la guerra fu adoperata come ripostiglio e quindi sconsacrata. Nel 1997 le autorità preposte hanno dato il nullaosta per la ristrutturazione alla quale contribuirono i vari gruppi che operavano nel paese con alla guida il Comitato parrocchiale. Fu benedetta dal Vescovo di Belluno Mons. Savio.Una volta l’anno, in ottobre, è celebrata una messa. 

Tieri Filippin

AL Gosèr un pò di storia nel percorso di gara

Nel bellissimo percorso della gara che si snoda ai piedi del monte Talvena, si possono incontrare frammenti di storia locale; a volte piacevoli e a volte tragici. A circa cinquecento metri a nord dalla piazza di Tisoi, in via Rovaia, vi è una piccola lapide che ricorda il sacrificio di Vittorio Fratta (1916-1943). Quella di Vittorio è una storia dolorosa: Eravamo nell'aprile del 1943. Vittorio, ventottenne di Tisoi, aveva deciso di dare il proprio contributo alla resistenza partigiana facendo la staffetta. Portava notizie ai compagni rifugiati in montagna, tenendoli informati sui movimenti delle truppe tedesche. Quel giorno che si seppe del rastrellamento, Vittorio salì di corsa alla località Pianovai dove i partigiani si erano accampati negli ultimi giorni. Riuscì ad avvisarli ma, al ritorno, fu bloccato poco distante dai tedeschi, in località Fontanelle. Fu interrogato, malmenato e poi ucciso barbaramente sul posto. Il giorno dopo fu ritrovato da una squadra di volontari del paese. Oggi la piccola lapide si trova molto più in basso rispetto al reale luogo della tragedia in modo che tutti possano rivolgerle uno sguardo pietoso.

TIERI FILIPPIN

"Bosco delle Castagne"

Un' altra dolorosa storia la incontriamo quando il percorso attraversa il “Bosco delle Castagne”. In quel luogo, i vecchi castagni furono testimoni di una delle pagine più tristi della storia partigiana. Per decrivere tutti i dettagli della vicenda ci vorrebbe troppo tempo, per cui riassumo i fatti. Il 10 marzo 1945, dieci partigiani furono prelevati dal carcere di Belluno e impiccati al Bosco delle Castagne per rappresaglia in seguito ad un attentato verificatosi alcuni giorni prima al poligono di tiro a danno delle truppe tedesche. Fra i dieci martiri voglio ricordare Francesco Bortot (Carnera) di Bolzano Bellunese. Furono parecchie le testimonianze scritte su quel tragico giorno, ne voglio riportare un paio: “Li vidi i compagni impiccati al Bosco delle Castagne... sulle barelle portate dai vigili urbani sfilarono davanti a noi, a uno a uno...erano senza scarpe, quasi tutti con la lingua di fuori della bocca, grossa, nello sforzo dello spasimo prima della morte.”(Tina Merlin, La casa sulla Marteniga) “Da dove abitavo, vicino alla chiesa di Bolzano Bellunese, potevo vedere e udire cosa stava accadendo al Bosco delle Castagne, avevo solo dodici anni, allora la vegetazione era rada. Per tutti questi anni mi è rimasto impresso quel grido, ''Mamma'', lanciato da uno dei partigiani prima di essere impiccato”(testimonianza di Renzo Guglielmino al Corriere delle Alpi)

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"Sfalcio del Talvena"

Forse non tutti sanno che il monte Talvena, fino agli anni '50, veniva regolarmente falciato da alcune famiglie di Tisoi. Un unico sfalcio veniva effettuato verso la fine di luglio, il periodo coincideva grossomodo proprio con la data del nostro Gosèr Trail. Esso forniva un fieno magro ma necessario a sopperire il fabbisogno degli animali domestici, visto che le zone più comode erano usate come campi da semina. La parte alta del monte era completamente prativa a partire dalla mulattiera chiamata “strada de Talvena”. In quel punto si abbandonavano le slitte e si iniziavano gli sfalci a salire. Il fieno veniva poi radunato in covoni e trascinato in basso verso le slitte tramite un paio di lunghi rami tirati a strascico chiamati “elme”. Alcune testimonianze di persone che all'epoca erano bambini, raccontano che nel periodo degli sfalci, osservando il monte dal col di Taola, esso appariva come un grande panettone tagliato a spicchi, perché ogni confine di proprietà era delimitato da una zona appositamente non falciata larga circa un paio di spanne. Erano anni di stenti e di grandi fatiche.

veduta Talvena est

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